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Published online by Cambridge University Press: 14 June 2016
Negli ultimi anni, l'attenzione degli studiosi si è rivolta in prevalenza al problema dell'instabilità politica e della protesta generata dalle tensioni implicite nel processo di modernizzazione dei paesi afro-asiatici e latino-americani, mentre un'attenzione relativamente minore è stata dedicata all'esistenza di problemi e condizioni analoghi nei paesi piú sviluppati dell'Europa occidentale.
1 Rose, R., Modern Nations and the Study of Political Modernization , in Rokkan, S. (ed.), Comparative Research Across Cultures and Nations , The Hague, Mouton, 1968, p. 118.Google Scholar
2 Kesselman, M., Overinstitutionalization and Political Constraints: the Case of France , in «Comparative Politics», III (1970), p. 44.Google Scholar
3 Per una rassegna della letteratura, si veda Allardt, E. e Littunen, Y. (eds.), Cleavages, Ideologies, and Party Systems , Helsinki, Westermarck, 1964; Lipset, S. M. e Rokkan, S. (eds.), Party Systems and Voter Alignments, New York, Free Press, 1967; Allardt, E. e Rokkan, S. (eds.), Mass Politics, New York, Free Press, 1970; Rokkan, S., Citizens, Elections, Parties, New York, McKay, 1970; e i risultati delle ricerche di Rose, R. e Urwin, D., Social Cohesion, Political Parties and Strains in Regimes, in «Comparative Political Studies», II (1969), pp. 7–67. François Goguel sottolinea la fecondità di questo approccio per l'analisi del comportamento elettorale francese nel suo: Modernisation économique et comportement politique, Paris, Colin, 1969. Parecchi lavori recenti hanno tentato di indagare i nessi tra mutamento socio-economico e comportamento elettorale; vedi Capecchi, V. et al., Il comportamento elettorale in Italia, Bologna, Il Mulino, 1968; Dogan, M. e Petracca, O. M. (a cura di), Partiti politici e strutture sociali in Italia, Milano, Comunità, 1968; Spreafico, A. e La Palombara, J. (a cura di), Elezioni e comportamento politico in Italia, Milano, Comunità, 1962.Google Scholar
4 Barzanti, S., The Underdeveloped Areas within the Common Market , Princeton, Princeton University Press, 1965, pp. 4–5.CrossRefGoogle Scholar
5 Per quanto riguarda la Francia, vedi l'eccellente sintesi di Brown, B. E., The French Experience of Modernization , in «World Politics», XXI (1969), pp. 366–91. Un'ottima raccolta di saggi sugli effetti dello sviluppo francese si ha in: Reynaud, J. D., Tendances et volontés de la société française, Paris, S.E.D.E.I.S., 1966.Google Scholar
6 Le analisi dello sviluppo dei paesi occidentali si sono indirizzate di preferenza sul rapporto città/campagna, piuttosto che sulle differenze tra le regioni o su altri squilibri all'interno del paese. In Francia, regioni come il Nord, il Massiccio Centrale e alcune zone del Sud-Ovest hanno presentato un ritardo costante nel livello dei salari e della produzione industriale rispetto alle medie nazionali. In altre zone, come in Bretagna, meno di un quarto della popolazione attiva è occupato nell'industria, e il reddito medio annuo per dipartimento ha avuto punte fino al 25% al di sotto della media nazionale. Per un'esposizione generale di questi fenomeni, vedi: Delmas, C., L'aménagement du territoire , Paris, PUF, 1963, pp. 9–23; Roncayolo, M., Inégalités géographiques en France, in «Les Cahiers de la République», (gennaio 1963), pp. 56–67; Bauchet, P., Regional Development Policies in France, in Area Redevelopment Policies in Britain and the Countries of the Common Market, Area Redevelopment Administration, United States Department of Commerce, Washington D.C., 1965, pp. 85–170.Google Scholar
7 Sulla forza del regionalismo in Francia, vedi: Girard, A. et. al., Mobilité géographique et concentration urbaine en France , in «Population», II (1964), pp. 227–66e il numero 1 di «Sondages: Revue française de l'opinion publique», (1965). Circa la rilevanza della regione come variabile politica, vedi: Allardt, E., Implications of Within-Nation Variations and Regional Imbalances for Cross-National Research , in Merritt, R. L. e Rokkan, S. (eds.), Comparing Nations, New Haven, Yale University Press, 1966, pp. 337–48.Google Scholar
8 Una analisi fattoriale delle correlazioni territoriali a livello di dipartimento tra alcune grandezze socio-economiche e i risultati elettorali nella Quinta Repubblica ha indicato un alto grado di stabilità nel comportamento elettorale francese. Le varie divisioni risultano, oltre che profondamente radicate nel comportamento elettorale, anche fortemente radicate a particolari milieux regionali. Vedi a questo proposito McHale, V. E., Dimensions of Electoral Cleavage and the French Party System, 1958–1969 , Department of Political Science, University of Pennsylvania, 1969.Google Scholar
9 Questo importante fenomeno è stato messo in luce per la prima volta da Goguel, F., Géographie des élections françaises de 1870 à 1951 , Paris, Colin, 1951, pp. 131–42. Dopo le elezioni legislative del 1951, l'analisi della forza dei vari partiti per dipartimento indicava che i partiti tradizionali (Radicali, SFIO e moderati) avevano raggiunto i migliori risultati nelle zone caratterizzate da arretratezza economica, mentre i gruppi di nuova formazione (comunisti, gollisti e MRP) erano forti nelle aree dove si era avviata la modernizzazione. I dati piú recenti sembrano però indicare che questa distinzione va attenuandosi; vedi Goguel, Modernisation économique et comportement politique, cit., p. 8.Google Scholar
10 Il gollismo ha mantenuto una forte base anche nei dipartimenti meno sviluppati dell'Ovest, soprattutto grazie al fattore religioso; vedi McHale, V. E., Religion and Electoral Politics in France: Some Recent Observations , in «Canadian Journal of Political Science», II (1969), pp. 292–311.Google Scholar
11 La percentuale dei voti negativi al referendum del 28 ottobre 1962 (elezione del presidente della repubblica a suffragio universale), assunta come indice di opinioni anti-golliste, presenta una certa correlazione (.38) con la distribuzione dei voti poujadisti nelle elezioni politiche del 1956. Il poujadismo, come espressione di protesta politica, è stato in gran parte un fenomeno proprio delle aree stagnanti. I voti negativi nel 1962 sono correlati positivamente, inoltre, con la distribuzione dei piccoli commercianti e artigiani (.49), salariati agricoli (.30) e disoccupati (.32); e negativamente invece con la distribuzione degli operai specializzati (−.30), della popolazione maschile occupata nell'industria (−.27) e della popolazione attiva (−.21).Google Scholar
12 Ai fini di questa analisi, l'aggregazione politica sarà identificata con la massimizzazione dei suffragi. Ciò si scosta alquanto dalla formulazione originaria data da Almond in A Functional Approach to Comparative Politics , in Almond, G. e Coleman, J. S. (eds.), The Politics of the Developing Areas , Princeton, Princeton University Press, 1960, p. 39. Circa la massimizzazione dei suffragi vedi Sjoblom, G., Party Strategies in a Multi-Party System, Lund, Studentenlitteratur, 1968, pp. 231–49.Google Scholar
13 Clough, S. B., French Social Structure, Social Values, and Economic Growth , in Acomb, E. M. e Brown, M. L. (eds.), French Society and Culture since the Old Regime , New York, Holt, Rinehart and Winston, 1964, pp. 65–84.Google Scholar
14 Cfr. Brown, , The French Experience of Modernization , cit. Google Scholar
15 Riggs, F., The Dialectics of Developmental Conflict , in «Comparative Political Studies», I (1968), p. 197.Google Scholar
16 Aron, R., France: Steadfast and Changing , Cambridge, Harvard University Press, 1959, p. 36.Google Scholar
17 Questa è la tesi centrale sostenuta da Hamilton, R., Affluence and the French Worker in the Fourth Republic , Princeton, Princeton University Press, 1967, pp. 276–98. Vedi anche l'analisi di Barbichon, G., Le passage de la population active de l'agriculture à l'industrie, in Tendances et volontés, cit., pp. 38–51.Google Scholar
18 Su questo punto vedi Girard, A., Comportements et attitudes à l'égard du changement , in Tendances et volontés , cit., pp. 445–70.Google Scholar
19 Drovin, P., La France: un pays sous-développé , in «Le Monde», 12 marzo 1968.Google Scholar
20 Barzanti, S., The Underdeveloped Areas. , cit., p. 179.Google Scholar
21 Scargill, D. Ian, Economic Geography of France , New York, St. Martin's, 1968, p. 20.Google Scholar
22 Dupeux, G., La société française, 1789–1960 , Paris, Colin, 1964, p. 21. Da numerose stime risulta che al principio del XVIII secolo la popolazione urbana in Francia era solo un decimo del totale, e che solo alla fine del secolo essa era giunta a costituirne circa un quinto. Nel 1846, la popolazione urbana era ancora solo un quarto del totale: tra il 1801 e il 1837, in effetti, non era riuscita a tenere il passo col ritmo di espansione del settore rurale. L'aumento della mobilità geografica all'interno della Francia data solo dalla seconda metà del XIX secolo, quando si avviò la meccanizzazione dell'agricoltura e una rete ferroviaria collegò le province a Parigi. Lo sviluppo dei trasporti ferroviari tra il 1851 e il 1866 fu in effetti il vero agente catalizzatore del processo che accelerò il movimento migratorio dalle campagne. In anni recenti, tra il 1962 e il 1968, la popolazione urbana francese è cresciuta al tasso medio annuo del 2–2,5% vedi Pigasse, J. P., La révolution urbaine en France, in «Enterprise», 31 agosto 1968. Sembra ora delinearsi una tendenza al ristagno economico e demografico in alcuni dipartimenti che furono tra i primi a industrializzarsi, come il Nord e il Pas-de-Calais; vedi «Le Monde», 17 luglio 1968.Google Scholar
23 «Le Monde», 21 marzo 1968.Google Scholar
24 Nella seconda metà del XIX secolo, il movimento migratorio fu piú intenso in direzione di Parigi e dei centri industriali circostanti che non verso i centri regionali tradizionali e le città commerciali. Dopo il 1850, si registrò in effetti un calo notevole nel tasso di incremento della popolazione totale: mentre Parigi registrava una crescita demografica al tasso annuo del 2%, il resto del paese subiva invece un calo demografico dello 0,7% annuo medio; vedi Hansen, N. M., French Regional Planning , Bloomington, Indiana University Press, 1968, pp. 26–53. Per un'analisi statistica dell'urbanizzazione francese, con particolare riguardo alle città con oltre 20.000 abitanti, vedi Pinchemel, P. e Carrière, F., Le fait urbain en France, Paris, Mouton, 1963.Google Scholar
25 Dupeux, G., La société française , cit., p. 24.Google Scholar
26 Martinet, G., La France contre Paris , in «Le Nouvel Observateur», 201 (16–22 settembre 1968), p. 31.Google Scholar
27 Cook, Don, France , in «The Atlantic», 222 (novembre 1968), p. 45.Google Scholar
28 La sinistra francese, ostile in passato al decentramento regionale, ha ora assunto un diverso atteggiamento. Dopo la Liberazione, ha favorito e sostenuto una politica di decentramento. Per un'analisi di questo problema, vedi Philipponneau, M., La gauche et les régions , Paris, Calmann-Lévy, 1967.Google Scholar
29 Girard, A. e Bastide, H., Les problèmes démographiques devant l'opinion , in «Population», XV (1960), p. 271.Google Scholar
30 Una analisi fattoriale di vari indicatori territoriali relativi ad aree urbane francesi con oltre 50.000 abitanti sembra indicare che, nelle elezioni politiche del 1962, le città hanno votato in maniera schiacciante per i gollisti; vedi Haumont, A. e Bauhain, C., Quelques caractéristiques des agglomérations françaises de plus de 50.000 habitants en 1962 , in «Revue Française de Sociologie», IX (1968), p. 236. Solo tra il 1962 e il 1967 l'opposizione anti-gollista ha cominciato a prender piede nelle città, soprattutto per effetto del relativo successo di Mitterrand nelle elezioni presidenziali del 1965 e dell'immagine della Federazione Socialista come partito politico moderno; vedi Barrillon, R., La gauche française en mouvement, Paris, Plon, 1967.Google Scholar
31 Dupeux, G., La société française , cit., p. 28.Google Scholar
32 Per uno studio-pilota, relativo a un solo dipartimento, delle correlazioni fra struttura sociale francese e risultati elettorali, vedi Roncayolo, M. e Olivesi, A., Géographie électorale des Bouches-du-Rhône sous la Quatrième République , Paris, Colin, 1963. Secondo gli autori, solo il PCF merita il nome di partito di classe, anche se i dati sembrano suggerire che gli strati dirigenti intermedi rivolgono il loro appoggio ai Radicali e che i ceti imprenditoriali privati gravitano ancora di preferenza intorno ai partiti di destra; cfr. Duverger, M. (ed.), Partis politiques et classes sociales en France, Paris, PUF, 1955.Google Scholar
33 Dogan, Vedi M., Party Cleavage and Social Stratification in France and Italy , in Lipset, S. M. e Rokkan, S. (eds.), Party Systems and Voter Alignments , cit., pp. 134–35. Vedi anche McHale, V. E., Religion and Electoral Politics, cit., passim. Google Scholar
34 Fauvet, J., La représentation politique du monde paysan , in Duverger, M. (ed.), Partis politiques et classes sociales , cit., p. 157.Google Scholar
35 Vedi «Sondages», (1957), n. 3, p. 52 e p. 55; (1960), n. 4, pp. 18–19; (1963), n. 2, p. 64.Google Scholar
36 Brimo, A., Méthode de la géo-sociologie électorale , Paris, Institut d'Etudes Politiques, 1968, pp. 93–101. Nonostante la presenza di certe costanti, Brimo ritiene che le variabili intervenienti siano troppo numerose per riporre fiducia in solide generalizzazioni. Vedi anche Boudon, R., L'analyse mathématique des faits sociaux, Paris, Plon, 1967.Google Scholar
37 Sul problema della scelta tra un'unità ecologica o un insieme di punti di riferimento vedi Dogan, M. e Derivry, D., Unité d'analyse et espace de référence en écologie politique. Le canton et le département français , in «Revue Française de Science Politique», XXI (1971), pp. 517–52.Google Scholar
38 Per un'interessante discussione del problema del conflitto potenziale tra operai specializzati e qualificati in Francia, vedi Birnbaum, N., The Crisis of Industrial Society , New York, New York University Press, 1970, pp. 32–33, tr. it. La crisi della società industriale, Padova, Marsilio, 1971.Google Scholar
39 Come osserva Guy Barbichon, la modernizzazione ha inciso in maniera negativa sulla struttura della società contadina francese. Se i salariati agricoli non subiscono, ad opera della modernizzazione, alcuna perdita diretta di status e hanno la possibilità di scegliere o meno il lavoro industriale, i piccoli proprietari e i loro figli sono invece colpiti direttamente nel loro status. Non solo perdono la loro indipendenza economica lasciando la fattoria, ma sono anche costretti ad accettare condizioni di vita che essi ritengono inferiori alle proprie; vedi Barbichon, G., Le passage de la population , in Tendances et volontés , cit., p. 39.Google Scholar
40 Thomson, D., Democracy in France since 1870 , New York, Oxford University Press, 1964 4 , p. 252.Google Scholar
41 Il contesto sociopolitico italiano presenta invece un modello opposto. In base ai risultati elettorali del 1963, la correlazione tra livello di reddito e preferenza partitica era positiva (.53) per la sinistra non comunista, negativa (−.44) per la DC; vedi Capecchi, V. e Galli, G., Determinants of Voting Behavior in Italy: A Linear Causal Model of Analysis , in Dogan, M. e Rokkan, S. (eds.), Quantitative Ecological Analysis in the Social Sciences , Cambridge, M.I.T. Press, 1969, pp. 240–43.Google Scholar
42 La correlazione riportata si basa sul confronto tra reddito e rankings elettorali per dipartimento.Google Scholar
43 Les Français, la politique et le parti communiste , in «Cahiers du Communisme», (gennaio 1968), p. 28.Google Scholar
44 Anche se il reddito medio in Italia è quasi raddoppiato tra il 1950 e il 1960, un alto livello di reddito è stato piú strettamente correlato con la sinistra non comunista; vedi Capecchi e Galli, Determinants of Voting Behavior in Italy, cit.Google Scholar
45 Un esame sintetico dei problemi che incontrano i recenti tentativi di una rifondazione della sinistra francese come forza politica vitale sta in Moulin, Club Jean, Un parti pour la gauche , Paris, Editions du Seuil, 1965. Per un'analisi dei fattori storici che incidono sulle possibilità per la sinistra francese di unificarsi e divenire un partito alternativo di governo, vedi McHale, V. E., Electoral Traditions and Opposition-Building in France, in «Comparative Politics», III (1971), pp. 499–516.Google Scholar
46 Per un'analisi comparata di questo problema, si veda la raccolta di saggi in Robinson, E. A. G. (ed.), Backward Areas in Advanced Countries , London, 1969.Google Scholar
47 Vi sono studi che indicano nel Social Credit in Canada, nello NPD nella Germania Occidentale, nel Volksunie in Belgio e nel MSI in Italia fenomeni elettorali in parte correlati agli squilibri economici.Google Scholar
48 Groenman, S., Social Aspects of Backwardness in Developed Countries , in Robinson, E. A. G. (ed.), Backward Areas in Advanced Countries , cit., pp. 29–34.Google Scholar
49 Per un'analisi comprensiva dell'opinione pubblica nelle regioni francesi circa il mutamento legato allo sviluppo e la modernizzazione, vedi l'intero numero 1 di «Sondages», (1965).Google Scholar
50 Il livello dell'emigrazione regionale tra il 1954 e il 1962 per il gruppo d'età dai 25 ai 54 anni risulta correlato negativamente al livello di reddito per famiglia dei lavoratori industriali (−.30) e dei coltivatori diretti (−.31). Le correlazioni sono state calcolate sulla base delle graduatorie regionali proposte in Penouil, M., An Appraisal of Regional Development Policy in the Aquitaine Region , in Robinson, E. A. G. (ed.), Backward Areas in Advanced Countries , cit., pp. 69–71.Google Scholar
51 Jollinet, Vedi M., Structures agraires et changement économique en agriculture , in «Revue Française de Sociologie», IX (1968), pp. 338–54.Google Scholar
52 Per un'analisi statistica a piú variabili circa gli effetti della modernizzazione sui risultati elettorali in Francia, vedi McHale, V. E. e Paranzino, D., Developmental Change, Political Protest and Electoral Opposition in France , relazione presentata al Congresso annuale dell'American Political Science Association, Chicago, 1971.Google Scholar
53 La mobilità territoriale dei lavoratori italiani non risulta correlata in modo significativo con i voti comunisti; si veda Passigli, S., Emigrazione e comportamento politico , Bologna, Il Mulino, 1969.Google Scholar
54 Un accordo tra Federazione Socialista e PCF è stato firmato il 24 febbraio 1968. Questo accordo non avrebbe però potuto costituire una piattaforma di governo, in quanto le differenze tra i due partiti risultavano troppo marcate. L'intero testo, compreso i punti di accordo e divergenza, è stato pubblicato da «Le Monde», 25–26 febbraio 1968.Google Scholar
55 Fischer, H., Libres Opinions: Réformez-vous ou disparaissez! , in «Le Monde», 21 luglio 1965. Il salto generazionale in Francia offre un esempio di paradosso politico. Nonostante la consapevolezza e l'impegno politico di cui i giovani francesi hanno dato prova nel 1968, l'elettorato francese è stato e continua a essere piú «vecchio» di quello delle altre democrazie industriali. Recenti previsioni demografiche indicano che i gruppi di età superiore ai 40 anni manterranno un notevole margine di maggioranza nell'elettorato, stabilizzandosi intorno al 60%. Presto un elettore su sei avrà piú di 65 anni. I giovani, quindi, avranno ben poca incidenza sui risultati elettorali fin dopo il 1972. Va ricordato però che, per quanto i giovani possano costituire oggi una forza alla ricerca di nuove vie di espressione politica, le precedenti analisi hanno mostrato la scarsa rilevanza dell'età per le preferenze partitiche in Francia. Una recente inchiesta a livello nazionale condotta dal Ministero della Gioventú e dello Sport indica che circa il 75% dei giovani francesi sono sostanzialmente in favore dello status quo; vedi «Sondages» (1968), n. 4, p. 20 e «Le Monde», 1–2 giugno 1969.Google Scholar
56 Macridis, Vedi R., The Predicament of French Socialism , in «Antioch Review», XX (1960), pp. 153–62 e Godfrey, E. Drexel, The Fate of the French Non-Communist Left, New York, Random House, 1955.Google Scholar
57 Capecchi, V. e Galli, G., Determinants of Voting Behavior in Italy , cit., pp. 241–42.Google Scholar