Published online by Cambridge University Press: 09 August 2013
This paper aims to bring to the fore an aspect of Italian history between the end of the sixth century and the first half of the eighth century which has been considered rarely to date: that is, the continuity of the strong economic ties between Rome and some regions of the Mezzogiorno, in particular Sicily and, to a lesser extent, Calabria. Thanks to the large papal estates in these regions, Rome continued throughout these centuries to secure for herself a considerable part of her own food supply through long distance provisioning, as she had done before the end of the Roman Empire in the West. In the context of extremely marked contractions of exchange and commerce, which were affecting all of western Europe at that time, this system appears to be an anomalous anachronism. However, it continued to function until external factors intervened (fiscal measures adopted by the Emperor of Byzantium, Leo III, between 724 and 733). The laborious reorganisation of the papal economic interests was probably one of the reasons why the popes were compelled to think of the idea of creating a regional political seigniory.
Vogliamo ringraziare Richard Hodges, John Lloyd, Girolamo Arnaldi, Chris Wickham, Lidia Paroli e Alessia Rovelli per i loro commenti e consigli espressi durante la stesura di queste pagine. Naturalmente ogni affermazione ed ogni possibile imprecisione sono di nostra totale responsabilità.
1 Abbreviazioni: AM–Archeologia Medievale; ASRSP–Archivio della Società Romana di Storia Patria; BAC–Bullettino di Archeologia Cristiana; BF–Byzantinische Forschungen; BISIM–Bullettino dell'Istituto Storico Italiano per il Medioevo; BZ–Byzantinishe Zeitschrift; CBA-RR–Council for British Archaeology-Research Report; CC-SL–Corpus Christianorum-Series Latina; CCARB–Corsi di Cultura e Arte, Ravennate e Bizantina; JHS–Journal of Hellenic Studies; JTS– Journal of Theological Studies; MEFR(M)–Mélanges de l'Ecole Française de Rome (Moyen Age-Temps Modernes); MGH-AA, SS, Ep–Monumenta Germaniae Historica-Auctores Antiquissimi, Scriptores, Epistolae; PBSR– Papers of the British School at Rome; RSBN–Rivista di Studi Bizantini e Neoellenici; RSCI–Rivista di Storia della Chiesa in Italia; SCIAM–Settimane del Centro Italiano di Studi sull'Alto Medioevo; SR–Studi Romani: SRITA–Società Romana e Impero Tardoantico; ST–Studi Tardoantichi. Liber Pontificalis, ed. Duchesne, L. (Paris, 1886), vol. I (di qui in avanti citato come LP), Gregorius II, 403–406Google Scholar; a questi eventi accenna anche Teofane nella sua ‘Cronographia’, all'annus mundi 6217, che corrisponde al periodo sett. 724–ago. 725, dichiarando che Gregorio II bloccò il pagamento delle tasse da tutta Italia (τους ϕορους της Ιταλιας και Ρωμης εκωλυσε), poiché era venuto a conoscenza delle intenzioni di Leone III di dare il via ai provvedimenti iconoclasti (Chronographia, ed. De Boor, Ch. (Leipzig, 1884), vol. I, 405)Google Scholar. Per una discussione della datazione dei provvedimenti di Leone III sulculto delle immagini, vedi Anastos, M. V., ‘Leo III's edict against images in 726–727 and Italobyzantine relations between 727 and 730’, BF III, 1969, 5–41Google Scholar, in part. le pp. 5–25.
2 Teofane, , Chronographia, ed. cit., 411Google Scholar. Riguardo i problemi connessi con le enormi confusioni che si riscontrano nell'opera di questo storico in termini di connessione fra eventi e date, si vedano Hubert, H., ‘Observations sur la chronologie de Théophane et de quelques lettres de papes (726–774)’, BZ VI, 1896, 491–505Google Scholar e The Chronicle of Theophanes, ed. a c. di Turtledove, H. (Philadelphia, 1982)Google Scholar, passim: ad esempio, nel 723–724, Teofane pone un papa Stefano in carica e, per l'anno dopo, un papa Gregorio, i cui anni di regno intersecano i pontificati di Gregorio II e III. Medesime riflessioni in Bertolini, O., ‘Quale fu il vero obbiettivo assegnato in Italia da Leone III isaurico all'armata di Manes, stratego dei Cibyrreoti?’, BF II, 1968, 15–49Google Scholar.
3 Tutta questa parte della vicenda è, come si è detto, legata al passo di Teofane citato alla nota precedente. Il LP (vol. I, Gregorius III, 416–417)Google Scholar tace del tutto riguardo questi fatti, informandoci invece dei tentativi del papa di far giungere, fra l'estate del 731 e l'estate del 732, lettere all'imperatore al fine di farlo recedere dalla sua politica iconoclasta; lettere che, per ben due volte vengono bloccate per lunghi mesi in Sicilia dallo stratego bizantino, insieme ai loro messaggeri. Per il periodo che dovrebbe corrispondere all'entrata in atto dei provvedimenti di Leone III del 732–733, il LP registra paradossalmente il dono di sei colonne di onice fatto dall'esarca Eutichio alla basilica di S. Pietro. O. Bertolini (art. cit, nota 2) proponeva di leggere in senso ‘attendista’ la politica di Leone III verso gli Italiani iconoduli nei primi anni '30. Egli asseriva implicitamente di non vedere un collegamento netto fra contesa sulle immagini e provvedimenti fiscali, ma piuttosto riteneva che a Bisanzio fosse stato scelto di delimitare il conflitto col papa, per contrastare meglio le iniziative militari di Liutprando di quegli anni. La interpretazione del passo di Teofane nel senso di escludere un provvedimento di ufficiale confisca, da parte di Leone III, nei confronti dei patrimoni della Chiesa di Roma in Calabria e Sicilia è stata proposta da Guillou, A. (‘L'Italia Bizantina’, in ‘Longobardi e Bizantini’, Storia d'Italia UTET, dir. da Galasso, G., vol. I (Torino, 1980), 246–247Google Scholar, ed è stata accettata da Burgarella, F. in ‘Bisanzio in Sicilia’, in ‘Il Mezzogiorno dai Bizantini a Federico II’, Storia d'Italia op cit., vol. III (Torino, 1983), 198–201)Google Scholar. Del resto, l'elemento fondamentale nell'interpretazione di questo passo è costituito dal verbo τελεω che, nella forma mediopassiva, può assumere il significato di ‘pagare tasse, imposte, pedaggi’ (Liddell-Scott, pag. 1772 e Thesaurus Grecae Linguae, vol. VII, coll. 1984–1985). Esso induce pertanto a ritenere che ciò che Leone ordinò venisse da quel momento in avanti versato al δημοσιος λογος fosse non il reddito delle terre, ma solo quella parte di esso che spettava allo Stato come imposta. Per quanto riguarda infine il provedimento di distacco delle diocesi di Illiria, Calabria e Sicilia dalla giurisdizione di Roma vedi la discussione di Anastos, M. V. in ‘The transfer of Illyricum, Calabria and Sicily to the jurisdiction of the Patriarchate of Constantinople in 732–733’, RSBN IX, 1957, 14–31Google Scholar, in part, le pp. 21–27. Notare che J. T. Hallembeck sposta al 726 il provvedimento fiscale di Leone che scatenò le reazioni di Gregorio II, legandolo quindi idealmente in maniera più stretta ai decreti iconoclasti (‘The Roman-byzantine reconciliation of 728: genesis and significance’, BZ LXXIV, 1981, 29–41Google Scholar). Per quanto riguarda il problema delle riforme fiscali di Leone III e della loro portata all'interno dell'Impero bizantino, esso non potrà probabilmente mai essere chiarito completamente, a causa dell'ambiguità delle fonti disponibili. Il passo di Teofane che citiamo in questa nota è infatti, con tutte le sue imprecisioni, l'unico che ne parli dettagliatamente, ma in riferimento, però, alle sole Calabria e Sicilia. Per questo motivo, esso è stato interpretato variamente come una disposizione fiscale effettivamente limitata a quelle due sole regioni (Ostrogorsky, Maier), ovvero come l'applicazione locale di provvedimenti che dovevano aver avuto validità per tutto l'Impero (Diehl, Vassiliev, Guillou, Hallembeck, Miller). Questa seconda ipotesi, anche se a rigor di logica più ‘fantasiosa’, è quella che ha trovato il maggior numero di consensi. Il fatto si può spiegare indirettamente tenendo presente che allo stesso Leone III è attribuita una intensa attività di riforme amministrative (consolidamento dell'organizzazione dell'Impero in ‘temi’) e di riordino legislativo (emanazione dell'Ecloga e dei νομοι γεωργικος, ναυτικος, e στρατιοτικος). Tutte queste attribuzioni però, con l'eccezione della promulgazione dell'Ecloga, sono a loro volta poco definibili cronologicamente con la dovuta precisione e non si può dare per scontato né che risalgano veramente al regno di Leonené, in caso, a quale momento esatto di esso (Ostrogorsky, G., ‘Uber die vermentliche Reformtätigkeit der Isaurier’, BZ XXX, 1930, 394–400Google Scholar, in part. pp. 398–399; Ashburner, W., ‘The Farmer's law’ (parte I e II), JHS XXX, 1910, 85–108CrossRefGoogle Scholar e XXXII, 1912, 68–95; vedi anche la recensione di Stein, E. alla I ed. dell'Histoire de l'Empire Byzantin' del Vassiliev, apparsa in BZ, XXXI, 1931, in part. pag. 355)Google Scholar. Resta in ogni caso il dato di fatto storicamente ‘rilevante’ che il provvedimento di Leone III, che noi conosciamo per i suoi effetti sulla Calabria e sulla Sicilia, maturò proprio negli anni in cui Leone, garantita la sopravvivenza dell'Impero, iniziava a precisare una sua politica interna per l'Impero stesso. Per dovere di completezza va ricordato che disponiamo anche di un'altra fonte che accenna a questi eventi, anche se è molto più tarda: si tratta di un passo delle Epitomae Historiarum Libri XVIII di Zonaras Iohannes, del sec. XII (ed. Pinder, M. (Bonn, 1987)Google Scholar, lib XV, par. 4). In essa si dice che papa Gregorio (III?) iniziò la sua politica filofranca in reazione all'iconoclasmo di Leone III, il quale era cosí inferocito contro i suoi nemici, da gravarli di inauditi supplizi, fra cui una serie di nuovi carichi fiscali che toccarono ai Siciliani e ai Calabresi (ϕοροις νεοις εβαρυνε): precisamente decretando che essi dovessero pagare imposte individuali (κεϕαλητιωνα τωλειν) e sottoporre a registrazione tutti i nati maschi (τα εν αυτοις τικτομενα αρρενα απογραϕεσθαι). Non si fa assolutamente menzione di decisioni di confische nei confronti dei beni della Chiesa Romana: piuttosto si commentano quei provvedimenti fiscali per la loro natura globalmente punitiva.
4 Barnish, S. J. B., ‘Pigs, plebeians and potentes: Rome's economic hinterland c. 350–600 AD’ PBSR LV, 1987, 157–185Google Scholar, con bibliografia aggiornata sull'argomento. Vedi anche Brown, P., ‘Dalla plebs romana alla plebs Dei: aspetti della cristianizzazione di Roma’, in Povertà e carità dalla Roma tardoantica al '700 italiano (Padova, 1983), in part. pp. 9–13Google Scholar. E' interessante ricordare che proprio nelle prime pagine della biografia di Gregorio II si menzioni come questo papa avesse fatto giungere dalla Calabria le travi per rinnovare gran parte del tetto della basilica di S. Paolo f.l.m. (LP I, Gregorius II, 397Google Scholar).
5 Non sono molte ad oggi le sintesi disponibili, che abbiano tentato di ‘misurare’ l'evoluzione—o, se si preferisce, l'involuzione—dei traffici nel Mediterraneo fra V e VII secolo. Le più solide muovono dall'analisi di dati archeologici disponibili in quantità crescenti. L'impostazione di Lewis, A. (in ‘Mediterranean maritime commerce: AD 300–110 shipping and trade’, SCIAM XXV, 1977 (ed. Spoleto, , 1978), 481–501)Google Scholar che vede, nel perdurare dei commerci di oggetti di lusso o di uso assai particolare, condotti principalmente da mercanti siri ed ebrei durante il VII secolo, la prova della continuità di una rete mediterranea di scambi, non può non tenere presente le analisi che considerano i movimenti commerciali nella loro globalità, misurando quindi prodotti ad ‘assorbimento’ diverso (ceramica, derrate alimentari, artigianato artistico, prodotti suntuari, etc.). E'evidente che la drastica contrazione del volume globale degli scambi—che si aggrava sempre più nel corso del VI secolo, e che penalizza soprattutto il Mediterraneo Occidentale,—costituisce un elemento che marca una netta differenza fra questo periodo e quello che lo ha preceduto (Hodges, R.—Whitehouse, D., Mohammed, Charlemagne and the Origins of Europe (London, 1983)Google Scholar, capp. II e III; Panella, C., ‘Le merci: produzioni, itinerari e destini’, in SRITA, a c. di Giardina, A., vol. III (Roma–Bari 1986), in part. le pp. 451–462Google Scholar; ead. ‘Gli scambi nel Mediteraneo Occidentale dal IV al VII secolo dal punto di vista di alcune “merci”’ in Hommes et Richesses dans l'Empire Byzantin, Tome I, IVème-VIIIème siècle (Paris, 1989), 129–142Google Scholar; Abbadie-Reynal, C., ‘Céramique et commerce dans le bassin égéen du IVème au VIIème siècle’, in Hommes et Richesses… op. cit., 143–160)Google Scholar. Del resto, l'emergere degli oggetti di lusso come indizio principale per individuare un flusso commerciale fra un'area ed un'altra è di per se stesso segno—come ha argomentato Andrea Carandini—di un'assenza di scambi quantitativamente imponenti (‘Il mondo della Tarda Antichità visto attraverso le merci’, in SRITA, op. cit, vol. III, 17)Google Scholar. Che Roma fosse tuttavia, fra VII e VIII secolo, una stazione di non secondaria importanza all'interno di questo pur ridotto circuito di scambio di beni ‘di prestigio’ (tessuti, vasellame e arredi liturgici in metallo prezioso, etc.) è testimoniato indirettamente dalla relativa facilità con cui questi furono sempre disponibili nella città e che qui li si veniva ad acquistare dal resto d'Europa (Delogu, P., ‘Oro e argento a Roma tra il VII ed il IX secolo’, in ‘Cultura e società nell'Italia Medievale. Studi per Paolo Brezzi’, SS, fasc. 184–187, vol. I (Roma, 1988), 273–293Google Scholar; Guillou, A., ‘Rome, centre de transit des produits de luxe d'Orient au haut moyen-âge’, in ‘Zograph’, anno di pubblicazione sconosciuto, 17–21Google Scholar, in Miscellanea André Guillou, presso la biblioteca dell'Ecole Française de Rome). Altro indicatore, ancora tutto da definire nella sua reale consistenza, ma di promettente utilità, è quello rappresentato dalla analisi delle ceramiche invetriate altomedievali. Esse adombrano la resistenza—fra VII e prima metà VIII secolo—una rete di scambi che coinvolge Roma, in qualche modo connessa all'Oriente mediterraneo, cioè al cuore dell'Impero. In questo senso sarà di grande interesse capire in futuro quali fossero le effettive vie di propagazione di questi materiali, e se i forti interessi e gli scambi che Roma manteneva in questo periodo in Sicilia abbiano in qualche modo potuto fungere da veicolo per questi prodotti. Non sembrerebbe comunque che ci si trovi di fronte a circolazioni quantitativamente confrontabili con quelle propriamente tardoromane (Paroli, L., ‘Ceramica a vetrina pesante altomedievale [Forum Ware] e medievale [Sparse Glazed]…’, in Crypta Balbi 5. L'esedra della Crypta Balbi nel medioevo [XI–XIV secolo], a c. di Saguí, L. e Paroli, L. (Roma, 1990), 314–325Google Scholar). Su tutta la materia è ancora un prezioso riferimento Lopez, R. S., ‘The role of trade in the economic readjustment of Byzantium’, in Dumbarton Oaks Papers XIII, 1959, 69–85Google Scholar.
6 LP vol. I, Sylvester, , 174–178Google Scholar.
7 Vedi i recenti contributi di Vera, D.: ‘Strutture agrarie e strutture patrimoniali nella tarda antichità: l'aristocrazia romana fra agricoltura e commercio’, Opus II, 1983, 489–533Google Scholar; ‘Forme e funzioni della rendita fondiaria nella tarda antichità’, in SRITA, op. cit., vol. IGoogle Scholar, in particolare i paragrafi 1 e 2. Celebre è l'affermazione di Ammiano Marcellino the definiva sparsa per orbem i patrimonia delle grandi famiglie senatorie del suo tempo. Su Melania Iuniore vedi del Tindaro, M. Rampolla, S. Melania Giuniore, Senatrice Romana (Roma, 1905), 176–183Google Scholar.
8 Pietri, Ch., ‘Evergetisme et richesses ecclesiastiques dans l'Italia du IVème du Vème siècles: l'example romain’, Ktema III, 1978, 317–337Google Scholar; Jones, A. H. M., ‘Church finances in the Vth and VIth centuries’, JTS II, 1960, 84–94CrossRefGoogle Scholar.
9 Ruggini, L. Cracco, ‘La politica annonaria in Roma in età imperiale’, in Misurare la terra. Centuriazione e coloni nel mondo romano. Materiali da Roma e dal suburbio, catalogo della mostra (Modena, 1985), 224–236Google Scholar.
10 Pietri, Ch., ‘Le Sénat, le peuple chrétien et les partis du cirque à Rome sous le pape Simmaque’, in MEFR(M) 78, 1966, 123–139CrossRefGoogle Scholar. P. Brown, ‘Dalla plebs romana alla plebs Dei’, art. cit.
11 Cassiodorus, , Variae IX, 15Google Scholar, ed. Halporn, S. W., in Corpus Christianorum, Series Latina 96 (Louvain, 1981)Google Scholar.
12 LP vol. I, Bonifatius II, 281Google Scholar.
13 Βιος της Ὁσιας Μελανης, in Rampolla del Tindaro, op. cit, XIX e 53–54. Vedi anche Giardina, A., ‘Carità eversiva: le donazioni di Melania la Giovane e gli equilibri della società tardoromana’, ST II, 1986, 77–102Google Scholar.
14 Arnaldi, G., ‘L'approvvigionamento di Roma al tempo di Gregorio Magno’, SR XXXIV, fasc. 1–2, in part. 35–39Google Scholar; Pietri, L., ‘L'ordine senatorio in Gallia dal 476 alla fine del VI secolo’, in SRITA, op. cit., vol. I, in part. 318–323Google Scholar. Vedi anche Bertolini, O., ‘Per la storia delle diaconiae romane dalle origini sino alla line del sec. VIII’, ASRSP LXX, 1947, in part. 76–78Google Scholar.
15 Arnaldi, G., ‘L'approvvigionamento di Roma…’, art. cit. Vedi anche la lettera di Cassiodoro, datata al 533–537Google Scholar a Vitaliano, cancellarius di Lucania e Bruzio (Variae, lib. XI, 39, ed. Mommsen, , in MGH-AA XII, 352–353Google Scholar), in cui rileva il progressivo crescere dei costi di trasporto—della carne—dall'Italia del Sud per le distribuzioni annonarie a Roma.
16 Sull'invio di grano dall'Egitto da parte dell'imperatore Giustino II, vedi LP vol. I, Benedictus, 315: misit in Egyptum et oneratas naves frumento transmisit RomaeGoogle Scholar.
17 Pragmatica Sanctio pro petitione Vigilii, in Corpus Iuris Civilis, III, Novellae, ed. Kroll, R. Schoell-G., s. 1. (1928)Google Scholar. Sono particolarmente importanti, nell'ambito del nostro discorso, le disposizioni contenute nei capitoli 19 e 22: esse riconfermano la norma delle distribuzioni annonarie a cura delle autorità civili competenti, secondo quelle che erano state le consuetudini mantenute in vigore anche dal governo goto. Ma non va dimenticato che l'iniziativa della Pragmatica Sanctio nasce ad opera di Vigilio e che per la prima volta il papa, insieme al Senato di Roma, riceve l'incarico ufficiale di controllare l'esattezza dei pubblici campioni di pesi e misure in uso per i pagamenti in natura e in denaro.
18 Whitehouse, R. Hodges-D., Mohammed and Charlemagne…, op. cit., 54–76Google Scholar. Foss, C., Ephesus after Antiquity (Cambridge, 1979)Google Scholar.
19 Particolarmente incentrati sull'analisi complessiva del ‘peso' economico del legame fra Sicilia e Chiesa Romana fra VI e VII secolo sono i contributi di Puglisi, G. ‘Aspetti della trasmissione della proprietà fondiaria in Sicilia. La massa ecclesiastica nell'epistolario di Gregorio Magno’, in SRITA, op. cit., vol. III, 521–529Google Scholar e di Ruggini, L. Cracco, ‘L'Oriente e l'Occidente, baricentri economici e culturali. La Chiesa Romana e la latinizzazione di città e campagne. La Sicilia come ‘ponte' fra Roma e l'Africa. Le grandi ville e il carattere totalizzante della presenza senatoria’ in La Sicilia antica, a c. di G. Gabba e G. Vallet, parte II, tomo II (Napoli, 1980), 487–498Google Scholar. Sulla Sicilia come area ancora esprimente, in questo stesso periodo, una dinamica economico-sociale di stamo ancora essenzialmente tardoantico, vedi Rizzo, F. P., ‘Tensioni sociali ed economiche nella Sicilia di Gregorio Magno: un caso esemplificativo’, ST II, 1986, 137–174Google Scholar. Per una sintesi sulla struttura economica, sociale ed insediativa in Calabria nella stessa fase storica, vedi Arslan, E., ‘La dinamica degli insediamenti in Calabria dal Tardoantico al Medioevo’ in CCARB XXXVII (Ravenna, 1990), 59–92Google Scholar. Ancora sull'evolversi dei rapporti tra Sicilia e Italia da un lato e Costantinopoli dall'altro fra VI e IX secolo: Guillou, A., ‘La Sicilia bizantina. Un bilancio delle ricerche attuali’, Archivio Storico Siracusano n.s. IV.V, 1976, 45–89Google Scholar.
20 Fabre, P., De Patrimoniis Romanae Ecclesiae usque ad Aetatem Carolinorum (Paris, 1892), 53Google Scholar e ssg., in particolare 59–63, che riguardano il patrimonium di Sicilia; più recentemente vedi Recchia, V., Gregorio Magno e la società agricola’ (Roma, 1978), in part. 11–14Google Scholar e il già citato lavoro di Arnaldi, G., ‘L'approvvigionamento di Roma…’, in part. 29–30Google Scholar.
21 Molti studiosi hanno affrontato il problema della scomparsa della classe senatoria romana fra la seconda metà del sec. VI e gli inizi del VII. Recentemente sono state scritte pagine splendide da Brown, T., nel suo libro Gentlemen and Officers. Imperial Administration and Aristocratic Power in Byzantine Italy AD 554–800 (London, 1984)Google Scholar, in part, il cap. II.
22 G. Arnaldi, op. cit. alla nota 19, pp. 27–28.
23 Un parziale ridimensionamento, perlomeno sul piano sociale, dei conductores delle terre della Chiesa Romana in Sicilia ai tempi di Gregorio I è proposto da Arnaldi, G. (‘L'approvvigionamento di Roma…’, art. cit., 31)Google Scholar. Egli afferma che essi ‘appaiono tutti di condizione molto modesta. Per lo più semiliberi, in qualche modo vincolati alla familia ecclesiastica, non assomigliavano affatto ai loro potenti colleghi dei patrimoni privati ed imperiali. Analoga indicazione sembra dare il frammento di una lettera di Pelagio I al vescovo di Cingoli, nel Piceno, laddove si parla di rustici—già al servizio dei patrimoni ecclesiastici—qui conductores vel coloni esse possunt (Miscellanea Baluzii, ed. Mansi, J. D., vol. III, parte 2 (Lucca, 1751)Google Scholar). Tuttavia il dinamismo che questi stessi conductores mostrano nel compiere speculazioni a danno dei coloni, ce li mostra dotati di un'intraprendenza non trascurabile (Arnaldi, op. cit., 34–36).
24 Vera, D., ‘Forme e funzioni della rendita fondiaria nella tarda antichità’, in SRITA, vol. I, in part. 430–447Google Scholar.
25 Un'eccezione a questo silenzio è la lettera XIV, 14, datata al 604, dal Registrum Epistolarum di Gregorio I (ed. Norberg, D., in CC-SL, voll. 140–140A (Louvain, 1982)Google Scholar), nella quale si descrivono i beni concessi alla basilica di S. Paolo fuori le Mura, che il papa fa trasferire dalla amministrazione del Patrimonium Appiae al fine di garantire, con le loro rendite, l'illuminazione della basilica stessa. A questa testimonianza si può aggiungere quella di due lettere dell'agosto del 591, nelle quali Gregorio ordina al suddiacono Pietro, allora rector del patrimonium Siciliae, di acquistare grano sul mercato ‘libero' dell'isola per 500 libbre d'oro, per inviarlo a Roma nel successivo mese di febbraio del 592. La ragione di questi invii straordinari era nella parva nativitas di grano nella zona circostante Roma (Greg. Ep., ed. cit., I, 70 e I, 90).
26 Gregorio, I, Homiliae in Ezechielem prophetam, II, 6Google Scholar (ed. Adrieaen, M., in CC-SL, vol. 142 (Louvain, 1971)Google Scholar); vedi anche Bertolini, O., Roma di fronte a Bisanzio e ai Longobardi (Bologna, 1941), 241–262Google Scholar.
27 Greg., Ep., I 42Google Scholar.
28 Greg., Ep., I, 42Google Scholar e V, 7.
29 Ruggini, L., Economia e Società nell'Italia Annonaria (Milano, 1961), in part. 222–232Google Scholar;. Vera, D., ‘Strutture agrarie e strutture patrimoniali nell'antichità: l'aristocrazia romana fra agricoltura e commercio’ Opus II, 1983, 489–533Google Scholar.
30 Bertolini, O., Roma di fronte a Bisanzio…, op. cit., 240–250Google Scholar.
31 LP I, Severinus, 328–329Google Scholar.
32 LP I, Vitalianus, 343 e sggGoogle Scholar.
33 LP I, Iohannes V e Conon, 366–370Google Scholar. Per dovere di completezza va citato il passo della vita di papa Agatone (678–681), il quale per un certo periodo prese su di sé la curatela del tesoro pontificio (cura arcarivae): è difficile dire se ciò sia stato in connessione ad un momento particolarmente difficile delle finanze papali, di poco anteriore ai provvedimenti imperiali del 684–685 (LP I, Agatho, 350Google Scholar).
34 LP I, Iohannes VI, 382Google Scholar.
35 Vedi in questo senso Delogu, P., ‘The rebirth of Rome in the 8th and 9th centuries’, in The Rebirth of Towns in the West, 700–1050, a c. di R. Hodges e B. Hobley (Atti del Convegno, Londra 1986)Google Scholar, (Londra, 1988, CBA-RR, 68Google Scholar), in part. 37.
36 Rovelli, A., ‘Cryta Balbi, i reperti numismatici. Appunti sulla circolazione a Roma nel medioevo’, in La moneta nei contesti archeologici: esempi dagli scavi di Roma (Roma, 1986) (ed. Roma, , 1989), in part. 77–85 e 89–91Google Scholar; P. Delogu, ‘Crypta Balbi. Una nota sui materiali dell'esedra’, in ibid., 97–105.
37 A. Rovelli, art. cit, 83.
38 De Rossi, G. B., ‘Di un'insigne epigrafe di donazione di fondi fatta alla chiesa di S. Susanna dal papa Sergio I’, BAC, 1870, 89–112Google Scholar; le registrazioni dei contratti del tempo di Onorio I sono contenute nel canone CXLIX della Collectio Canonum del Cardinale Deusdedit, ed. Martinucci, P. (Venezia, 1869)Google Scholar.
39 Andreolli, B., ‘Le enfiteusi e i livelli del Breviarium’, in Ricerche e studi sul Breviarium Ecclesiae Ravennatis, a c. di A. Vasina, 163–177Google Scholar; A. Vasina, ‘Il Breviarium nella storia della Chiesa ravennate’, in ibid. 9–32.
40 Voce ‘Enfiteusi' a c. di Favara, E. in Novissimo digesto italiano vol. VI (Torino, 1975), 538–540Google Scholar. Sullo specifico uso della Res Privata come fonte di benefici ad personam da parte degli imperatori tardoantichi, vedi Jones, A. H. M., Later Roman Empire (Oxford, 1964), ed. it. Milano, , 1981, 625 e sggGoogle Scholar.
41 Le registrazioni dei contratti di locazione provengono dal già citato canone CXLIX della Collectio di Deusdedit. Delle tre lapidi citate, abbiamo già dato menzione di quella di Sergio I e di quella di Gregorio I, che in realtà altro non è se non la trascrizione su pietra della lettera XIV, 14 dell'epistolario di questo stesso papa. La lapide del tempo di Gregorio II contiene invece una traditio in usu in favore della basilica vaticana, sempre pro luminariorum concinnatione, di beni tratti dai patrimoni suburbani sottoposti all'amministrazione centrale pontificia (ed. Mai, A. Marini-A., in Scriptorum veterum nova et amplissima collectio (Roma, 1825), tomo V, 209–210Google Scholar). Va ricordato che di questa epigrafe è stato trascritto, dal Rinascimento in poi, sempre il testo contenuto nelle due lastre superstiti. Il contenuto della parte finale di esso, scolpito su una terza lastra, è recuperabile attraverso la trascrizione che di tutta l'epigrafe, allora completa, fece il prete Romanus, alla fine del XII secolo, quando provvide all'aggiornamento della Descriptio della basilica vaticana fatta da Petrus Mallius al tempo di papa Alessandro III. Il tutto è stato pubblicato Rossi, G. B. De, nel II vol. delle Inscriptiones Christianae Urbis Romae VII saeculo antiquiores, alle pp. 209–210Google Scholar.
42 Vedi la precedente nota 5 e Teall, J., ‘The grain supply of the Byzantine Empire’, Dumbarton Oaks Papers XIII, 1959, in particolare 93–96Google Scholar.
43 LP I, Gregorius II, 402Google Scholar; Gregorius III, 418–419.
44 Bertolini, O., ‘Per la storia delle diaconiae romane dalle origini alla fine del sec. VIII’, ASRSP LXX, 1947, 2–145Google Scholar.
45 Collectio Canonum, op. cit.
46 Bertolini, O., ‘Per la storia delle diaconiae…’, art. cit., 142–148Google Scholar.
47 In questo quadro appare, sotto i nomi di Gregorio (II o III) e Zaccaria, la coniazione a Roma di tessere bronzee per le quali anche—come per quelle da 30 nummi—si è ipotizzata la funzione di ‘numerario adatto al commercio minuto’ (Rovelli, A., ‘I reperti numismatici…’, art. cit., 83Google Scholar, nota 33, con bibliografia relativa). Dal momento che molti aspetti numismatici relativi a questi pezzi attendono ancora di essere chiariti, ci sembra da rimandare al futuro la discussione su quello che sia potuto essere stato il loro ruolo preciso all'interno di un contesto economico che i fatti del 724–725 dovevano aver mutato.
48 LP I, Zacharias, 432–435Google Scholar, passim; ibid., Hadrianus I, 501–509, passim.
49 Toubert, P., ‘L'Italie rurale aux VIIème-IXeme siècles. Essai de typologie domaniale’, SCIAM XX, 1973, 95–132Google Scholar; id., ‘Il sistema curtense in Italia nei secc. VIII-IX-X’, in Storia d'Italia Einaudi. Annali vol. VI (Torino, 1983), 5–65.
50 Gibson, B. Ward Perkins-S., ‘The surviving remains of the Leonine walls’, PBSR XLVII, 1979, 30–57Google Scholar.
51 LP I, Zacharias, 433Google Scholar.
52 Bertolini, O., La ricomparsa della sede episcopale di Tres Tabernae e la nascita delle domuscultae’, ASRSP LXXV, 1952, 103–109Google Scholar. Vale la pena ricordare a questo proposito la suggestiva tesi proposta da J. T. Hallembeck in merito alla ‘Roman-Byzantine reconciliation of 728’ (vedi nota n. 3). Avviata da Liutprando, questa riconciliazione ebbe, secondo il citato studioso, l'effetto pratico di ‘congelare’ lo scontro fra Papato ed Impero fino al momento della definitiva caduta di Ravenna in mano longobarda nel 751. Ma il ‘prezzo’ pagato per questo dai Bizantini dovette essere indirettamente il tollerare un ulteriore allargamento degli spazi di manovra economico-politici del papato sul ducato di Roma, forse anche al fine di ‘allentare’ la tensione esistente riguardo la sorte dei patrimoni pontifici nell'Italia del Sud. Del resto, questo appare come il primo periodo in cui l'azione politica diretta dell'Impero su Roma si eclissa e, accanto al papato appare un'aristocrazia cittadina che, pur rivestendosi di titolature bizantine, sembra impegnata nel perseguimento di obiettivi politici prettamente locali (vedi Bertolini, O., ‘I papi e le relazioni politiche di Roma con i ducati longobardi di Spoleto e Benevento. III parte, da Giovanni VI (701–705) a Gregorio II (715–731)’, RSCI IX, 1955, in part. 40 e sgg.Google Scholar; più recentemente e con uno sguardo più ampio sul periodo, Arnaldi, G., ‘Le origini del Patrimonio di S. Pietro’, in Storia d'Italia UTET, op. cit, vol. VII, tomo I (Torino, 1987), in part. 89–115Google Scholar.
53 Marazzi, F., ‘Inquadramento storico del sito di Mola di Monte Gelato: suoi legami con le vicende dei possessi fondiari della Chiesa Romana nell'Alto Medioevo’, in King, T. W. Potter-A. C., ‘Scavi a Mola di Monte Gelato—Etruria Meridionale. Primo rapporto preliminare’Google Scholar, AM XV, 1988, 301–309Google Scholar.
54 LP I, Zacharias, 434Google Scholar; Hadrianus I, 501–502.
55 LP II, Leo III, 6: ‘post dira iniqua incendia quae in possessionibus seu rebus beati Petri Apostoti gesserunt; Astronomus, , Vita Hludowici Imperaloris, in MGH-SS, II, cap. XXV, 607Google Scholar; Annales Regni Francorum, ed. Kurze, , MGH-SS in usum scholarum, VI, 143Google Scholar.
56 Epistulae Hadriani I papae, in MGH-Ep., V, Karolini aevii III, a c. di K. Hampe, 57Google Scholar; Leclercq, C. J. Hefele-H., Histoire des Conciles, tomo III, parte II (Paris, 1910), 751Google Scholar. Papa Adriano I tentò di utilizzare come strumento di pressione per riottenere i beni dell'Italia meridionale, la sua approvazione ai deliberati del Concilio di Nicea, che ristabiliva la legittimità delle immagini sacre. La lettera a Carlo è del 787 circa, quella a Costantino VI ed Irene del 27-X-785. Analoga richiesta venne effettuata quasi 90 anni più tardi da papa Nicola I all'imperatore Michele III l'Ubriaco, nuovamente senza ottenere alcun risultato (MGH-Ep., VI, Karolini Aevii IV, ed. Parels, E., 438–439Google Scholar). Ma quest'ultima testimonianza si inquadra nel contesto storico del secolo IX avanzato, che richiede ben altro che un semplice accenno.
57 All'interno di una bibliografia sterminata sulla storia politica delle origini dello Stato pontificio da un lato, ed una quasi altrettanto grande sull'opera di Gregorio I amministratore dall'altro, ci sembra che molto raramente si sia riflettuto a sufficienza sulla peculiarità del sistema di approvvigionamento alimentare ‘a distanza’, cercando di connettere lo scenario della fine del VI secolo a quello della prima metà dell'VIII. Fra i pochi che hanno tentato un inquadramento di questo genere, ricordiamo: Vieillard, R., nel suo Recherches sur les Origines de la Rome Chrétienne (Roma, 1959)Google Scholar al capitolo su ‘Le ravitaillement de Rome et les diaconies’, 116–128; Llewellyn, P., nel suo Rome in the Dark Ages (Londra, 1971), ed. ital. Roma-Bari 1975, 132–133Google Scholar. Questo nostro contributo, ben lontano dal poter essere conclusivo vuole semplicemente figurare come un invito ad un approfondimento della difficile materia della realtà economica di Roma durante il secolo VII, anche per poter giudicare con più completezza i profondi cambiamenti verificatisi nell'VIII.