Published online by Cambridge University Press: 17 July 2018
La guerra contro la Repubblica Federale di Jugoslavia ha evidenziato i problemi della politica estera italiana degli anni '90. Con non più del 40% dell'opinione pubblica stabilmente a favore dei raid aerei contro la Serbia ed il Kosovo, una veemente opposizione del Vaticano e del Papa in prima persona ed una maggioranza di governo divisa al suo interno tra negoziatori ad oltranza ed auspici di una immediata escalation terrestre, si riproponeva, con maggiore evidenza del passato, il ridotto margine di autonomia dell'esecutivo nel settore della politica di sicurezza. A poco meno di due anni dalla crisi albanese, la leadership politica italiana si è trovata così ad affrontare l'ennesima prova di politica estera, per giunta sul terreno delle armi, un terreno sul quale nell'ultimo quarantennio repubblicano raramente un governo si era avventurato. Rispetto all'ambiente tut to sommato «placido» nel quale la politica estera italiana ha operato nel secondo dopoguerra, gli anni '90, con un ininterrotto susseguirsi di crisi (dal Golfo alla Somalia, dall'Albania alla Bosnia, per finire con il Kosovo) hanno prodotto un maggior numero di sfide, in aree molto più vicine e rilevanti per gli interessi nazionali italiani e in un quadro di minore possibilità di far ricorso al proprio tradizionale alleato, gli Stati Uniti, per risolvere i propri fondamentali problemi di sicurezza. Da qui la necessità di costruire un consenso nazionale intorno alle scelte del governo e, di conseguenza, il crescente interesse per il ruolo che l'opinione pubblica assume nella politica estera italiana. Il Kosovo tuttavia non è il primo caso in cui l'opinione pubblica entra nei calcoli dei decisori nazionali. In questo saggio intendiamo esplorare questo ruolo in un'altra recente crisi che ha visto coinvolta l'Italia, quella relativa al dissolvimento della ex-Jugoslavia, con particolare riferimento alla crisi in Bosnia-Herzegovina. Come diremo nelle conclusioni, da questa esperienza è possibile trarre alcune considerazioni che sembrano dimostrarsi valide anche nel caso del Kosovo.
In several occasions during the Bosnia crisis public opinion was explicitly used by Italian politicians to justify their reluctance to be militarily involved. To understand the role public opinion played in the Italian foreign policy on the Bosnia issue, we first examine the nature of the opinion-policy relationship in the Italian political system. We then discuss the available survey data on the attitudes on Bosnia. Third, we study the main determinants of Italian public support for a military intervention. Our main conclusions are four. First, we found strong and quite steady public support for a more active armed involvement of Italian troops in Bosnia. Second, support is in contrast with the prevalent reading of public opinion among the political élite. Politicians perceived the public as opposed to the actual use of force because of fear of casualties. Third, this gap between the actual and perceived public opinion is a consequence of the fact that for the political élite public opinion is represented by their fellow MPs opinions and by the mass media editorials rather than by the climate of opinion as measured by polls. Fourth, the role of public opinion is changing in Italy, as the Kosovo crisis has recently shown. Public opinion, as expressed by mass surveys, is more and more taken into account by Italian politicians in their calculations.