L'affermazione secondo la quale i Romani, a differenza, ad esempio, degli Ateniesi, abbiano preteso dai loro alleati italiani solo contributi in uomini per le loro operazioni militari escludendo contributi in denaro è inesatto. Testi espliciti di Polibio e Tito Livio, mostrano al contrario che gli alleati dovevano su richiesta dei Romani, fornire in una sola volta contingenti (in virtù della formula togatorum) e denaro per stipendiarli ed equipaggiarli. Questo stipendio proporzionale ai contingenti è reso permanente e proporzionale al census per le dodici colonie che si ribellarono nel 209 e furono punite nel 204. I soldati alleati non subivano trattenute sul vitto ed equipaggiamento (al contrario dei soldati romani); si può anche dire che il peso delle città alleate era leggermente più pesante di quello del Tesoro Romano. Questa situazione è durata anche dopo il 167, data in cui, come è noto, il tributo romano è stato soppresso essendo reso inutile dalle risorse proprie del Tesoro. Un testo di Appiano, due brani della lex repetundarum epigrafica e un brano delle Orazioni contro Verre mostrano molto chiaramente che, nel periodo antecedente alla guerra sociale, le prestazioni in denaro erano sempre pretese dagli alleati italiani. Quest'ultimi hanno dunque contribuito sempre più pesantemente alle spese della conquista romana, essendo in questo periodo privati dei vantaggi diretti o indiretti che questa stessa conquista procurava ai cittadini romani. Questo è certamente un fatto che contribuisce a spiegare la guerra sociale.

Fu dall'inizio del primo secolo a.C. che i Romani impararono a formulare dissertazioni su tutti gli argomenti (e non semplicemente testi elementari) in conformità alle tecniche di definizione e divisione, in definitiva derivate dalla dialettica greca, sebbene essi le applichino con estrema semplicità ed entusiasmo. Il ruolo di queste tecniche è considerato, tra gli altri, nei lavori di Varro e Cicero; come la loro applicazione nei discussi argomenti di giurisprudenza. Alcuni argomenti, o parte degli argomenti è ancora da organizzare in questo modo nel periodo imperiale, sebbene il metodo fosse considerato più che sicuro. L'intero sviluppo fu di grande importanza per la storia intellettuale, al pari del modo in cui i Romani appresero dai Greci anche ad organizzare la narrativa o un discorso in una esposizione chiara e comprensibile.

La relazione discute sui modelli di sistemazione classica scoperti da recenti ed intensivi studi nella Valle Biferno nel Molise. Questo lavoro è parte di un'indagine pluriennale della sistemazione storica della valle, effettuato da archeologi storici e studiosi di scienze naturali. Due zone della valle inferiore sono illustrati come i nostri esempi (Fig. 2 e 3). In entrambe le zone un primo esempio di numerose piccole fattorie fu sostituito, nei recenti tempi Repubblicani, da un sistema di pochissime fattorie, ma molto più grandi (ville?), specialmente lontano dai maggiori centri urbani. Noi discutiamo tre modelli possibili per spiegare questa trasformazione in sistemazione: (1) pastorizia specializzata, o (2) produzione arabile aumentata, (entrambi controllate da ricche famiglie in città come Larino), o (3) nuclei di sistemazione senza cambiamenti nell'uso della terra. Noi presentiamo le ragioni per cui crediamo che il primo modello debba essere preferito per il presente.

Questo studio si propone, attraverso calcoli idraulici, di stabilire il volume d'acqua distribuita dai quattro grandi acquedotti della Roma antica. L'essenza dell'argomento è la profondità dell'acqua in un canale aperto che cambia la sua larghezza e la cui pendenza varia in maniera complessa ma prevedibile. Dal momenta che l'ampiezza e la pendenza di alcuni punti degli acquedotti romani sembrano essere sufficientemente ben definite per permettre calcoli di questo tipo, ed inoltre in alcuni di questi casi anche l'altezza del canale è accessibile, un limite superiore può essere posto sullo scarico. Il risultato numerico più importante è che la distribuzione di questi quattro acquedotti era probabilmente di 7 m3 al secondo (600 000 m cubi al giorno).

Nel suo studio sui bolli laterizi di Villa Adriana, Bloch attribui le grandi terme ad un edificio della terza fase edilizia, nonostante essi contengano molti bolli non trovabili altrove in edifici posteriori alla prima fase della Villa e del Pantheon (il quale, pace W. D. Heilmeyer, è tuttora da attribuire ai primi anni del regno di Adriano).

La data più recente di Bloch per le terme dipende dall'uso della formula ‘Lucilla Veri’ sul bollo CIL XV 1049, dal momenta che secondo Mommsen e Dressel questa formula era usata solo sui bolli post-Adrianei; qui si è sostenuto che il resto del testo di questo bollo é più caratteristico del primo periodo Adrianeo di quanto suggerisca il suo contesto, e perciò dato che né i resti dei bolli laterizi nelle terme né considerazioni topografiche presentano seri ostacoli, le grandi terme dovrebbero essere riattribuite alla prima fase di Bloch.

Senza le grandi terme la terza fase di Bloch è di scarsa importanza, dato che gli altri edifici attribuiti a detta data potrebbero benissimo appartenere alla seconda fase. Probabilmente, quindi, non ci fu alcun periodo a sé stante di una maggiore attività edilizia alla Villa durante gli ultimi anni di Adriano in Italia.

Questo articolo tratta di uno scavo di due chiese basilicali del paese di Latrun sulla costa della Cirenaica, Libia. Latrun è identificato come 1′ ‘Erythron’ del 2° secolo d.C. menzionato dal geografo Tolomeo e come la sede di un vescovo da almeno l'inizio del 5° secolo. Le due chiese quasi identiche nella forma, sono insolite in Cirenaica per l'elevazione delle loro gallerie e per materiali d'importazione quali le basi di marmo delle colonne, fusti, capitelli e blocchi di imposte. La forma è derivata da un prototipo di Costantinopoli del 5° secolo ed è solo leggermente modificata per rispondere alle esigenze locali fino alla trasformazione della chiesa più grande, la cattedrale propriamente detta, in un castrum. Le chiese più piccole contenevano tombe disturbate e senza dubbio la tomba di un martire. La data proposta per le chiese è il 500 sulla base di una datazione accettata per il tipo di pianta, lo sviluppo generale delle strutture delle chiese in Cirenaica, il carattere stilistico dei rivestimenti di marmo, e la storia politica e religiosa della regione. Inoltre l'autore specula sulla possibilità di mecenatismo imperiale, partecipazione nella controversia tra Ortodossi e Monofisiti e l'esistenza del culto di un martire di grande importanza a Latrun.

Questo articolo forma la prima parte di una duplice indagine di documenti del periodo 700–1200, con lo scopo di sviluppare una documentazione medievale controparte alle indagini della BSR sull'Etruria Meridionale, per una regione comprendente la zona di indagine di Ager Veientanus le cui estensioni si allungano verso ovest a Cesano e verso est al Tevere. La regione è più o meno inclusa in una lista di chiese del 11° secolo, lista che sopravvive in una copia nel registro di Papa Gregorio IX, ci dà una base per l'analisi documentaria di esempi di insediamenti medievali nel 11° secolo. In questo articolo le zone intorno all'Isola Farnese, Cesano, Fanello, Sacrofano e le pianure a est dell'Isola sono analizzate. Nel 11° secolo i castelli della pianura sembrano essere stati luoghi per sistemazioni in nuclei, ma lungo le strade consolari e negli altopiani gli insediamenti sparsi sopravvissero. Per la maggior parte, la proprietà in quel periodo era molto frammentaria e ciò sembra essere stato per 1′ 8° e 9° secolo, periodo ‘domusculta’, che l'autore non considera come un periodo di bonifica e consolidamento. Conclusioni generali appariranno nella II parte.

PAPERS OF THE BRITISH SCHOOL AT ROME, Vol. XLV, 1977

ROGER LING, Stucco Decorations at Baia, pp. 46–7